“All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi imbrogliarle”

Il personaggio manzoniano dell’Azzeccagarbugli rappresenta, sotto certi aspetti, lo stereotipo dell’avvocato così come lo si è inteso fino a pochi anni fa, vale a dire un professionista individuale che si occupa di una vasta gamma di materie. L’erompere di grandi studi associati di matrice anglosassone è un fenomeno tutto sommato recente nel contesto italiano.

A fronte di tali evoluzioni, tuttavia, i freddi numeri restituiscono l’immagine di un crescente disinteresse dei giovani verso la prospettiva di una carriera nel mondo dell’avvocatura: dai circa 26000 candidati iscritti all’esame di abilitazione alla professione forense del 2020, infatti, si è passati ai poco più di 10.000 della sessione 2023. Le ragioni di tale disamoramento sono molteplici e, in parte, trasversali ad altri ambiti professionali.

Tuttavia, quanto alle specifiche difficoltà che caratterizzano il percorso di ottenimento dell’agognato titolo di Avv., pesano senz’altro i 18 mesi di praticantato – che si risolve spesso in lavoro non retribuito – e la complicata prova di abilitazione che ne segue. A ciò si aggiungano le allettanti alternative che ogni brillante laureato si trova dinnanzi, sia in ambito aziendale privato sia pubblico. In molti casi, entrambe queste alternative garantiscono il mantenimento di un work-life balance decisamente migliore di quanto non permetta il mondo dell’avvocatura. Un esempio su tutti è rappresentato dal diverso approccio al lavoro “agile”, o da remoto che dir si voglia: modalità sostanzialmente acquisita in quasi tutte le altre realtà professionali pubbliche e private, ma ancora sconosciuta, se non, in alcuni casi, invisa, a larga parte del mondo dell’avvocatura. Se, da un lato, non v’è dubbio che un’assidua frequenza dello studio sia anche nell’interesse formativo del giovane aspirante avvocato, è altrettanto evidente che solo un equilibrio tra le due modalità, affiancato ad un adeguato riconoscimento economico, possa consentire alla professione forense di tornare ad attrarre i talenti migliori.

In un contesto in cui tali problematiche non paiono appassionare né l’opinione pubblica né gli addetti ai lavori, il praticante non può che sperare di imbattersi in un dominus magnanimo.


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